Il consiglio di condominio è normato dall’articolo 1130-bis, ultimo comma, del codice civile:
«Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione.
L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.» Il consiglio di condominio è un organo al quale sono attribuite funzioni consultive e rappresenta un canale diretto fra i condòmini e l’amministratore di condominio, al fine di migliorare l’attività di quest’ultimo.
IL CONSIGLIO ESISTEVA ANCHE PRIMA DELLA RIFORMA
In realtà, il consiglio di condominio poteva essere nominato dall’assemblea di condominio anche prima della riforma entrata in vigore nel 2013 con la legge 220-12.
Il consiglio di condominio non rappresenta un organo obbligatorio nel condominio, essendo meramente facoltativo. Il numero dei consiglieri non può essere inferiore a tre quando le unità immobiliari siano in numero non inferiore a dodici.
Al fine di assicurare la funzionalità del consiglio, soprattutto in caso di contrasti, è necessario che il loro numero sia dispari e, in tutti i casi, non può svolgere funzioni di tipo decisorio, come ribadito dalla Cassazione.
LE FUNZIONI DEL CONSIGLIO SECONDO LA CASSAZIONE
La Cassazione, con la sentenza 7484-19, in tema di approvazione di preventivi e ripartizione delle spese da parte del consiglio di condominio, ha stabilito come «l’articolo 1130-bis c.c., comma 2, introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, consente all’assemblea di nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unita’ immobiliari. La stessa norma precisa che il consiglio di condominio ha “unicamente funzioni consultive e di controllo”, essendo l’organo votato a garantire una piu’ efficiente e trasparente tutela degli interessi dei condomini nei grandi complessi immobiliari dotati di molteplici strutture comuni. Gia’, tuttavia, prima della Riforma del 2012, o comunque in fattispecie sottratte ratione temporis alla vigenza del nuovo articolo 1130 bis c.c., questa Corte aveva affermato, con principio che va qui ribadito, che l’assemblea condominiale – atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall’articolo 1135 c.c. – puo’ certamente deliberare la nomina di una commissione di condomini (cui ora equivale il “consiglio di condominio”) con l’incarico di esaminare i preventivi di spesa per l’esecuzione di lavori, ma le decisioni di tale piu’ ristretto consesso condominiale sono vincolanti per tutti i condomini – anche dissenzienti – solamente in quanto rimesse alla successiva approvazione, con le maggioranze prescritte, dell’assemblea, le cui funzioni (quale, nella specie, l’attribuzione dell’approvazione delle opere di manutenzione straordinaria, ex articolo 1135 c.c., comma 1, n. 4, non sono delegabili ad un gruppo di condomini (Cass. Sez. 2, 6 marzo 2007, n. 5130; Cass. Sez. 2, 23 novembre 2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 25 maggio 2016, n. 10865). Il consiglio di condominio, pure nella vigenza dell’articolo 1130-bis c.c., non puo’, dunque, esautorare l’assemblea dalle sue competenze inderogabili, giacche’ la maggioranza espressa dal piu’ ristretto collegio e’ comunque cosa diversa dalla maggioranza effettiva dei partecipanti, su cui poggiano gli articoli 1135, 1136 e 1137 c.c. ai fini della costituzione dell’assemblea, nonche’ della validita’ e delle impugnazioni delle sue deliberazioni.»
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